Silvia Negri
un vanto per l'UIC

Dedic questa pagina a Silvia Negri che ho conosciuto nell'Agosto 2004 lungo le rampe del Sommeiller - occhi dolcissimi, volontà di ferro e gambe d'acciaio - le ho chiesto di parlarmi di lei, della sua passione per la bici, delle sue avventure ed imprese.
Piero Rota

BREVETTI… CHE PASSIONE!

I brevetti cicloturistici sono prove "ad andatura libera" che devono essere portate a termine in un tempo massimo. Ciascun partecipante riceve alla partenza, oltre al roadbook con l'itinerario da seguire, una "carta brevetto", che deve essere convalidata lungo il percorso nelle località prestabilite entro determinati "cancelli" orari per avere l'omologazione. Normalmente (salvo diversa scelta di chi organizza la manifestazione) non sono previsti ristori né recupero in caso di ritiro, assistenza sanitaria o meccanica: ciascun partecipante è responsabile di se stesso e deve essere autosufficiente. Si pedala anche di notte e con meteo inclemente. Non c'è classifica di arrivo, tanto meno premi per i primi.
Ed è partecipando ai brevetti ed alle randonnèe che ho scoperto la mia vera dimensione ciclistica. Quando mi chiedono chi me lo faccia fare, non è facile spiegare. Non è facile descrivere quel senso di libertà così grande da ubriacarti. Non è facile raccontare cosa ci sia di magico in quelle notti passate in sella. Non riesco neppure a giustificare a me stessa come mai alla fine di ogni viaggio, dopo aver sopportato la fatica, il sonno, i disagi e i dolori in tutto il corpo, non possa fare a meno di pensare già al viaggio successivo. La verità è che le molle della curiosità e dell'avventura sono potentissime, fanno passare tutto il resto in secondo piano. Lo facevo fin da bambina. Se io apro una cartina la vedo piena di ideali Colonne d'Ercole che devono essere superate. A Nord, a Sud, a Est, a Ovest. Forse posso capire cosa provavano i primi esploratori che secoli fa hanno iniziato a girare il globo alla ricerca di nuove terre - non posso credere che all'epoca lo facessero solo per l'oro e il denaro. Vedere "cosa c'è più in là" è il destino della razza umana. Continueremo a viaggiare, perché è proprio la curiosità ciò che ci ha portati a diventare quello che siamo.

Dopo anni di cicloturismo in mountain bike e di partecipazioni alle Gran Fondo, la mia avventura nel mondo delle randonnèe ha inizio nel 2003 con la partecipazione ai brevetti di qualificazione (sulle distanze classiche omologate Audax Club Parisien di 200, 300, 400 e 600 km) in vista della mitica "Paris-Brest-Paris", la madre di tutte le ultramaratone. Purtroppo le cose non andarono bene, e la sfida in terra Francese in quel torrido agosto si concluse con un mesto "abandon" dopo circa mille chilometri. Pagai - forse giustamente - lo scotto dell'inesperienza.
La delusione per l'insuccesso lasciò presto il posto al desiderio di rivalsa e alla voglia di riprovarci, quindi feci tesoro di quella sfortunata esperienza, imparai dagli errori commessi e ripartii con entusiasmo, mettendomi alla ricerca di nuove e stimolanti "sfide".
Nella primavera del 2004 lessi su una rivista specializzata del settore che nel comune di Saint-Marcel (AO) il Presidente del giovane Gruppo Sportivo Ciclistico locale, Ercole Droz, si era ispirato ai "pazzi" brevetti per scalatori d'Oltralpe - quali "I Galeriens del Mont Ventoux" e il brevetto del Grand Colombier - per inventarsi dei brevetti permanenti fra le sue montagne. Uno di questi era il "Brevetto dello Scalatore Pazzo", che proponeva di scalare in giornata per quattro volte da quattro strade differenti il Col du S. Pantaleon, a quota 1620 metri, per complessivi 150 km e 4450 metri di dislivello. Numeri pressoché analoghi per il non meno impegnativo "Brevetto di Saint Marcel", comprendente quattro salite differenti della zona (Saint Barthelemy, ancora il Saint Pantaleon, e infine il Colle di Champremier dai due versanti). Presi contatto con il gentilissimo sig. Droz, il quale mi fornì le carte di viaggio e tutte le indicazioni. Quell'anno la primavera tardò ad arrivare, tuttavia, dopo alcuni rinvii causa maltempo, nel mese di maggio portai a termine in buona compagnia entrambi i brevetti, assai duri ma anche divertenti e originali. Un plauso all'organizzatore!.
A giugno di quell'anno fu poi la volta della "Sicilia No-Stop", ultramaratona da 1000 km giunta alla terza edizione. Cimentarmi di nuovo su una distanza così lunga rappresentava per me un'autentica sfida dopo l'insuccesso alla "Paris-Brest-Paris". Malgrado il gran caldo tutto andò liscio e, grazie anche al sostegno di eccellenti compagni di viaggio, completai il periplo della meravigliosa (e montagnosa!) Trinacria in poco meno di settanta ore su settantacinque disponibili. Oltre alla medaglia, da quella esperienza portai a casa molti bellissimi e indimenticabili ricordi. Neppure il tempo di riposare e, dopo soli quindici giorni, rieccomi in ballo alla "Randonnèe 8000", un "terrificante" brevetto per scalatori con partenza e arrivo a Cuneo messo a punto dal medesimo staff organizzativo della già durissima e prestigiosa Gran Fondo "La Fausto Coppi", ed il cui percorso avrebbe scalato uno dietro l'altro cinque colli mitici: Lombarda, Bonette, Vars, Izoard e Agnello, per un totale di 360 km circa e ben 8000 metri di dislivello. Il tempo limite era fissato in trenta ore. Gli amici mi incoraggiavano a tentare il colpo, ma un brevetto con queste caratteristiche onestamente mi sembrava fuori dalla mia portata, dato che sono sì una scalatrice appassionata, ma piuttosto lenta sia in salita che in discesa. Inoltre c'era l'incognita dell'aver recuperato o meno il "1000" di Sicilia. Tuttavia poteva essere l'occasione per mettere in campo la mia capacità organizzativa, la mia tenacia e la mia regolarità nel tentativo di compensare i miei limiti fisici, per cui prima di rinunciare a raccogliere il guanto di sfida ho preso la calcolatrice e la mappa con il percorso e mi sono fatta due conti: tot chilometri in salita alla tale media, queste discese tocca farle di notte, quindi dovrò andare necessariamente piano, qui ci sarà un controllo, qui il ristoro… Salvo contrattempi… Beh, se so di avere anche solo una possibilità di farcela, perché non provarci?!? Quella volta il mio coraggio fu premiato, presi il via e, pur soffrendo non poco, riuscii a completare (da sola) il percorso entro il tempo massimo, provando una soddisfazione perfino superiore a quella provata due settimane prima in Sicilia.
E siamo al 2005. Quest'anno la mia sete di chilometri e di avventura ha trovato pane per i suoi denti alla quinta edizione della "Londra-Edinburgo-Londra", che si è svolta dal 23 al 28 luglio. La durissima ultramaratona britannica di oltre 1400 km ha visto al via poco più di trecento temerari provenienti da tutto il mondo. Per me si trattava di un'altra "sfida impossibile", un autentico salto nel buio: malgrado mi fossi preparata scrupolosamente nei mesi precedenti, non avevo idea se il mio fisico avrebbe retto una così lunga distanza in tappa unica. La manifestazione si è svolta sotto un cielo prevalentemente nuvoloso, ma con pioggia battente solo nelle ore finali. Il terreno estremamente difficile, con molta salita (memorabile la scalata al passo Yad Moss) e rampe improvvise e dure, unitamente alla lunghezza della prova ed al clima pressoché autunnale hanno fatto una severa selezione dei partecipanti, cui tuttavia l'impeccabile organizzazione dell'Audax UK e i molti volontari presenti non hanno fatto mancare nulla in termini di servizi e generi di conforto nei numerosi "controlli" dislocati lungo il percorso, che ha battuto prevalentemente amene e remote strade di campagna e collina. (Per la cronaca ho concluso la prova in leggero "hors delai". Come tutti gli arrivati, alla fine dell'interminabile prova ho ricevuto anch'io il caloroso applauso degli organizzatori, insieme alla medaglia da finisher e ad un curioso gadget "premio" - la classica tazza da caffè all'inglese impreziosita con il logo della manifestazione. È stata forse una "vittoria a metà", tuttavia, anche se c'è un pizzico di rammarico per non aver centrato in pieno l'obiettivo, sono ugualmente soddisfatta di me stessa. Ma, più importante di tutto, ancora una volta ho portato a casa dall'ennesimo viaggio un bagaglio di ricordi e di emozioni, di luoghi visitati e persone che ho conosciuto che nessun timbro e nessuna omologazione potranno mai portarmi via. Un saluto particolare a Gianni Gabrieli e a Giorgio Beluzzi, che hanno condiviso con me l'incredibile "galoppata".
E sto già pensando alle prossime avventure!.
Silvia Negri - UIC n. 178