Adieu,
Charly Gaul
Charly Gaul era uno scalatore irriducibile, a tratti imbattibile. Esile
atleta, scalava le montagne, danzando sui pedali. Umile corridore di grande
costanza. Gaul amava i grandi freddi, con la neve e il vento mentre, il
caldo lo mandava in crisi, il più delle volte.
Charly Gaul nasceva l'8 dicembre 1932 a Pfaffenthal, in Lussemburgo. Lo
chiamavano l'Angelo della montagna.
Fu uno dei simboli del ciclismo negli anni Cinquanta. Sessanta quattro chili
su 174 centimetri, ma "un omino d'acciaio" come ricordava Magni.
Un umile atleta, taciturno e schivo, che amava le salite e la solitudine.
Si
dice che fece il salumiere prima di passare professionista nel 1953. In
carriera Gaul vinse due Giri d'Italia (1956 e 1959) e un Tour de France
(1958) oltre due terzi posti nel 1955 e 1961. Terzo fu anche al Mondiale
su strada del 1954, vinto da Bobet.
Gaul, grande scalatore e grande uomo da cronometro. Vinse tutte le gare
contro il tempo nella Grande Boucle del 1958. Proprio in quel Tour vinse
la 21ª tappa (Briançon-Aix les Bains, 219 km) con 7'50 su Favero,
risalì dal sesto al terzo posto della classifica generale e conquistò
la maglia gialla nella crono di Digione.
In carriera ottenne un totale di 52 vittorie (11 tappe al Giro d'Italia)
su strada, oltre a diverse gare di ciclocross e su pista, tra il 1953 e
il 1962. Si ritirò nel 1965.
Ogni ciclista si ricorda per un'impresa, più o meno straordinaria,
ma unica il più delle volte. Quella di Gaul fu la scalata del Bondone,
nel Giro d'Italia del 1956, nell'indimenticabile tappa Merano - Monte Bondone.
Quella mattina dell'8 Giugno gli atleti al loro risveglio trovarono davanti
all'albergo un paesaggio di pieno inverno con pioggia, freddo e cupe nuvole
basse. Gaul andò subito all'attacco sul Costalunga seguito da Bahamontes
e Dotto. In cima Gaul rimase solo. In discesa i freni fecero "cilecca",
ma ciò non gli impedì dopo solo pochi chilometri di riportarsi
sulla testa della corsa, per scollinare solitario in cima al passo Rolle
con tre minuti dai primi inseguitori. Nella discesa del Rolle oltre il guasto
dei freni, Gaul dovette far fronte anche a due forature accumulando ben
sei minuti di ritardo. Sul colle del Brocòn, Gaul scollinò
con più di un minuto ma, in discesa ancora una volta si trovò
superato. Mancavano oltre 60 chilometri al traguardo, e Gaul aveva accumulato
due minuti e mezzo da Padovan e uno da Monti e Defilippis.
Il Bondone, ostile e solitario indugiava.
Gaul raggiunse i tre atleti che lo precedevano. Ma all'inizio di quell'ultimo
colle, il tempo cambiò repentinamente. La pioggia divenne neve e
il paesaggio si adombrò. Gaul stava andando in crisi di fame, quando
uno spettatore gli allungò una banana, "fu la mia salvezza"
Gaul ricordava.
La bufera di neve celava le sagome e le sofferenze. I ritiri folti e improvvisi.
Dietro, i pochi superstiti rimasti ebbero ogni genere di aiuto, legali e
meno, ma ispirati dal quel senso di pietà umana di fronte a eventi
inimmaginabili e incontrollabili.
Intanto Gaul pedalava, senza pensare, ma soffrendo enormemente. I distacchi
aumentavano.
Il Trentino Tullio Pavanelli, il nostro presidente dell'Unione Internazionale
Cicloscalatori, allora sedicenne, quel giorno era sulle rampe del Monte
Bondone, in piedi in attesa di Aldo Moser (primogenito della stirpe Moser)
atleta giovane e brillante.
Allora la televisione non c'era ancora, e la tappa si seguiva per radio.
Tullio, ricorda un signore già allora settantenne, che in quel giorno
pianse sentendo la radiocronaca. Emozioni indicibili, rare. Altri ancora,
come ricorda Tullio, commentavano la durezza di Torriani (direttore di gara)
che decise di far finire la corsa a Vanezze (1300 mt. a 5 km dal valico)
come d'altro canto previsto. E, aggiunge dicendo "non si rendevano
forse conto, che si stava scrivendo un capitolo di storia del ciclismo che
sarebbe rimasta negli annali".
Mi dice anche che, tutti i trentini commentavano il fatto che fino a quasi
Candriai, Aldo Moser (la maglia rosa Fornara si era già ritirato)
era virtualmente maglia rosa, per poi crollare negli ultimi 5 o 6 chilometri
ed arrivare 5° in classifica generale.
Nella pioggia battente quasi all'altezza di Sardagna, Tullio ricorda passare
Gaul. La sua figura esile si confondeva tra la pioggia e la nebbia. Orgoglioso,
Gaul stava in piedi sui pedali, mentre tutti i presenti dicevano "Chielo
quel li?" (chi è quello li?). In quel momento, ma ancora per
poco, Gaul era un perfetto sconosciuto.
Arrivò Gaul in cima al Bondone, con già oltre una scarpa di
neve. Arrivò solo, lui e tutto il resto. Arrivò con le proprie
gambe e con il proprio inconscio. Arrivò con la fermezza e la rabbia,
con l'amor proprio e la fatica sovrumana. Arrivò solo, oltre se stesso.
Nella tormenta meschina e implacabile del Bondone, Gaul vinse il Giro d'Italia.
Indossò la maglia rosa in una calda coperta militare, da cui si scorgevano
stanchi occhi azzurri, in bilico tra l'inconsapevolezza e la sofferenza.
Non parlò. L'uomo Gaul ora aveva freddo come tutti gli altri umani.
Giunse stremato, quasi assiderato. Fu soccorso da un gruppo di Alpini e
messo in una vasca d'acqua calda; solo dopo un'ora disse una parola "dove
sono?".
Il 17 Ottobre scorso Charly Gaul era tornato sul Monte Bondone. Quello stesso
Bondone, superbo e bellissimo; quel Bondone che "ha segnato la mia
vita, nella gioia e nel rimpianto" come lui stesso ricordava. Era tornato
fin lassù da uomo, semplicemente, con le sue gambe zoppicando, a
rendergli ancora una volta omaggio. Era tornato per inaugurare le due targhe
a lui intitolate, poste all'inizio e alla fine della salita, a ricordare
a noi tutti quell'impresa leggendaria. Il Bondone quieto e regale, proprio
come allora. In quel silenzio divino e irreale, Gaul riposerà per
sempre, principe imperituro e solitario.
Sarebbe di nuovo tornato lassù, ancora una volta, ad onorare l'arrivo
al Bondone della quindicesima tappa dell'89 Giro d'Italia, il 23 maggio
2006, nel giorno del suo 50°anniversario.
Purtroppo, i sogni dell'uomo Gaul si sono addormentati per sempre, il 7
Dicembre 2005 in Lussemburgo, su un bianco letto d'ospedale.
Un letto bianco e immacolato come la neve del Bondone, con sopra una calda
coperta di lana, proprio come allora. Piccoli occhi azzurri chiusi che sognano
ancora.
Bonne nuit Monsieur Gaul.
30 Dicembre 2005
Monia Mariani - N° 244 - San Sepolcro