
San Martino al Culmine - m. 1.087
30
agosto 2008 - Scendendo dal Cuvignone la settimana scorsa avevo avuto
la tentazione di salire a San Martino in Culmine ma poi aveva prevalso la
saggezza o meglio la consapevolezza della mia scarsa autonomia e avevo rimandato.
Adesso sono a Cuveglio pronto per affrontare questa salita che si preannuncia
molto dura. "Guardi che dopo Duno la strada si drizza in piedi":
così mi dice il barista guardandomi con insistenza "lo stomaco",
ma lui non sa con chi ha a che fare. Fino a Duno, 3,5 km, vado bene, godendomi
la strada che sale abbastanza dolcemente tra prati e boschi di castagni con
8 tornanti di tutto riposo e la vista della Valcuvia che si rimpicciolisce
sempre più. A Duno finalmente vedo il Monte San Martino: non sembra
distante ma so che mancano più o meno 7 km di dura salita. All'uscita
del paese subito 10% e oltre e sarà così per altri 3 km, senza
tregua, con soli 3 tornanti per rifiatare. Non sento il solito male alle gambe
ma solo la durezza dello sforzo. Mi concentro al massimo sulla strada che
scorre lenta sotto di me ed elaboro la teoria che chiamerò LMF Linea
di Minima Fatica. Vi spiego. Quali sono i 3 fattori che rendono dura una salita
soprattutto per me che vado molto piano? La pendenza, la distanza e la rugosità
dell'asfalto. Quando si sale ci sono 3 linee ideali da seguire:
- la LMP Linea di Minima Pendenza che ad esempio ti porta a percorrere i tornanti
sul ciglio estremo all'esterno;
- la LMR Linea di Minima Rugosità che ti porta a scegliere quelle porzioni
di asfalto più lisce dove l'attrito dei copertoni è minimo;

- la LMD Linea di Minima Distanza che ti porta a seguire il percorso più
breve per terminare più in fretta la tua fatica, l'equivalente della
linea blù della maratona.
Si tratta, metro per metro, di valutare questi 3 fattori e scegliere
il percorso che meglio concilia le 3 linee ideali, privilegiando la LMP e
la LMR rispetto alla LMD (qualche decina di metri in più di salita
non hanno mai ucciso nessuno): i
l risultato è la LMF che ti
consente di fare la minor fatica possibile. L'elaborazione di questa teoria
è durata 3 km, senza soste e senza cedimenti, con qualche rara sbirciatina
al panorama sottostante, e mi ha portato ad un piccolo falsopiano, segno evidente
che

il
più duro era passato.
Dopo qualche centinaio di metri arrivo
al bivio per Vallata dove finalmente mi concedo una pausa. Mancano circa 3,5
km. La strada si fa ancora più stretta ma la pendenze , pur ragguardevoli,
sono decisamente inferiori a quelle del tratto precedente, c'è perfino
un falsopiano di 500 metri in contropendenza, subito dopo il bivio di Vallata.
Adesso è quasi sempre bosco: castagni, noccioli, qualche betulla. Un
segnale di Parcheggio mi dice che ci sono. Un altro cartello indica il Sacrario
dei Caduti. La strada improvvisamente si impenna al 16% per 50 metri, tornante,
altra impennata e sono in cima. Senza fermarmi arrivo al Rifugio e mi schianto
su una sedia. Caffè, torta, birra e poi, riacquistata calma e lucidità,
foto e filmati, passa frusciando un aliante e in alto volteggia un paracadute,
una breve visita alla chiesetta di San Martino, proprio sul culmine, e, poco
più sotto, al Sacrario dei Caduti. In discesa mi concedo un paio di
soste per far riposare i freni e per le 14.00 sono a Cuveglio dove mi prendo
il sottile piacere di un caffè dallo stesso barista del mattino.
Piero Rota
NB. San Martino in Culmine è il Big n. 736